Steven Castellan Bronson, alla scoperta dei ghiacciai islandesi

Steven Castellan Bronson, alla scoperta dei ghiacciai islandesi

Discovering Iceland's winter and glaciers with Steven Castellan Bronson

Alla scoperta dei ghiacciai Islandesi con Steven Castellan Bronson

Com’è l'inverno? L’inverno quello vero, quello che in Italia – purtroppo – ormai non conosciamo quasi più?


A ricordarcelo, con le sue bellissime immagini fotografiche e i suoi racconti, è Steven Castellan, in arte “Bronson”. Steven ormai da tre anni vive e lavora come guida glaciologica nell’isola dei ghiacci, l’Islanda e, proprio da lì, ci invia la sua istantanea sull’inverno che sta arrivando...

“Com’è l’inverno in Islanda? In questo momento, per me, è blu, blu indaco. È il colore che assumono i ghiacciai all’inizio della stagione più fredda, quando le grandi nevicate non sono ancora arrivate ma le temperature vanno giù in picchiata al di sotto dello zero e il ghiaccio diviene cristallino, trasparente, lasciandosi attraversare dalla luce e restituendola con queste incredibili sfumature. Una cosa folle, bellissima! Verrebbe voglia di starsene sempre là fuori ad esplorare… peccato che le ore di luce siano così poche!”.

 

Temperature estreme, giornate cortissime. Saranno le memorie scolastiche del leopardiano “Dialogo di un islandese con la Natura”, ma non sembra proprio un posto idilliaco in cui abitare…

“Per chi, come me, è da sempre un amante della wilderness e del contatto con la natura più selvaggia questo è un paradiso! Gli islandesi dal canto loro sono perfettamente a proprio agio: qui tutto è pensato per far fronte a un clima così difficile. Quasi tutte le auto sono fuoristrada, attrezzate per l’inverno con gomme chiodate e catene, mentre i servizi di pulizia e manutenzione delle strade sono super efficienti, quindi il maltempo non interferisce più di tanto con la vita quotidiana. Certo anche qui a volte si verificano eventi estremi: lo scorso anno, a inizio dicembre, una bufera improvvisa ha portato in poche ore due metri di neve, seguiti da un calo a picco delle temperature. Il servizio stradale non ha neppure fatto in tempo a spargere il sale e gli stessi spalaneve erano bloccati. Per alcuni giorni si è fermato tutto: tutti tappati in casa! Anche io con il mio team di guide glaciologiche sono rimasto bloccato, però ci siamo consolati guardando un po’ di video su YouTube… ovviamente dedicati alle esplorazioni dei ghiacciai!”.

 

Doverosa a questo punto la domanda: Steven, come ci sei arrivato in Islanda?

“È una storia che parte da lontano. Sono nato a Bassano del Grappa e, avendo le Dolomiti a portata di mano, ho sempre amato le attività outdoor. Più che l’aspetto della prestazione sportiva, quello che mi ha sempre intrigato è proprio l’esplorazione, l’avventura vissuta nei luoghi più remoti e selvaggi. Accanto a questa passione ho coltivato quelle per fotografia e per la musica, e ho preso una laurea in ingegneria del suono. Ma è sempre stato l’amore per l’avventura e la wilderness a guidare le mie scelte di vita. Dopo la laurea ho deciso di lavorare prima come saldatore e poi come tecnico del taglio laser, impieghi che non c’entravano nulla con i miei studi, ma che mi lasciavano tempo libero da dedicare alle mie “zingarate”. Facendo il primo turno in fabbrica avevo sempre i pomeriggi liberi e il venerdì, a partire dall’una del pomeriggio, per me era già weekend. Tempo per arrampicare, fare kayak, cascate di ghiaccio e mille altre cose. Soprattutto tempo da dedicare alle “tendate” selvagge, come quella che organizzammo alle Pale di San Martino durante i Giorni della Merla: giornate fantastiche e notti a -33 gradi, ma eravamo ben preparati e attrezzati e ce le siamo godute alla grande!”.

 

La svolta però arriva con un viaggio in bicicletta nel 2018…

“Esattamente! Per quanto tempo libero mi lasciasse il mio lavoro, ad un certo punto ho sentito il peso della routine. Fin da piccolo sfogliavo National Geographic sognando di viaggiare nei luoghi più lontani: l’Alaska, la Nuova Zelanda, il Giappone, i paesi del Nord Europa… Ad un certo punto ho capito che era ora di andare. Ho scelto una meta e una tipologia di viaggio che fossero alla portata della mia esperienza e delle mie tasche, quindi sono partito verso l’Islanda, per fare in solitaria il periplo dell’isola con la bicicletta. Prima di partire mi sono licenziato dal lavoro: non volevo che fosse un viaggio “a scadenza”, con una data di ritorno già fissata; avevo bisogno di prendere tutto il tempo che mi serviva per assaporare a pieno questa nuova esperienza. Alla fine sono stato in giro due mesi. Due mesi fantastici, pazzeschi! Due mesi di incontri con persone straordinarie, ciclisti ed escursionisti ancora più pazzi di me. Poi momenti magici come quando mi sono trovato a pedalare nel mezzo del nulla, fianco a fianco con un gruppo di cavalli lanciati al galoppo… Due mesi di occasioni continue per accendere la fiamma della mia passione per la fotografia: ad ogni chilometro c’era qualcosa per cui valeva la pena fermarsi e scattare! Infine i ghiacciai: enormi, imponenti, misteriosi! Spesso segnavano l’orizzonte delle tappe del mio viaggio: sembravano lì, a portata di mano, eppure macinavo chilometri e non si avvicinavano mai. Un segno dell’immensità degli spazi che si può assaporare in Islanda”.

 

Quando hai fatto il tuo primo incontro ravvicinato con i ghiacciai islandesi, che poi sono divenuti anche il tuo luogo di lavoro?

“È stato proprio alla fine di questo viaggio. Rientrato a Reykjavík, dopo aver concluso il periplo in bicicletta, ho deciso di sfruttare il tempo che rimaneva prima del rientro per affrontare il Landmannalaugar-Þórsmörk, uno dei trekking più incredibili dell’isola, che si snoda per settanta chilometri nella riserva naturale di Fjallabak, al cospetto dei ghiacciai Eyjafjallajökull e Mýrdalsjökull. Di fronte a questa immensa e selvaggia bellezza ho sentito chiaramente che quello era il posto dove volevo stare. Al rientro in Italia sapevo già che non avrei ripreso la vita di prima”.

 

Da qui, dunque, nasce l’idea di diventare guida glaciologica?

“Sì, anche se all’inizio avevo un po’ di dubbi, perché io ho sempre vissuto la mia passione per l’outdoor da autodidatta, senza maestri o corsi e senza avere particolari riconoscimenti o certificazioni. Però, quando ho contattato il titolare di Arctic Adventures, l’agenzia di guide per cui oggi lavoro, e gli ho raccontato la mia esperienza, lui è stato subito positivo: “Qui abbiamo bisogno di persone come te, gente che ha voglia di imparare e sappia tenere duro quando arriva il freddo…”. Quella stessa estate ero già in Islanda per seguire i corsi di formazione come guida glaciologica di livello base. Le manovre di corda e le tecniche di recupero dal crepaccio e di messa in sicurezza dell’infortunato sono la base della formazione di una guida glaciologica, soprattutto in un ambiente così selvaggio come quello dei ghiacciai islandesi, dove spesso non è possibile sperare in un supporto in tempi brevi dall’esterno. Per me l’apprendimento delle nozioni fondamentali è stato abbastanza semplice, un po’ grazie all’esperienza che avevo già maturato, un po’ per la mia naturale curiosità verso gli aspetti tecnici legati all’utilizzo delle attrezzature da outdoor. Anche nella collaborazione con Ferrino, infatti, non mi sono mai limitato alla promozione dei loro prodotti attraverso le foto e i post sui miei social, ma ho sempre cercato di dare un contributo attivo, con l’esperienza fatta sul campo, suggerendo quelle che a mio parere possono essere modifiche o migliorie”.

 

Insomma, ti sei trovato subito a tuo agio nel nuovo lavoro e nel nuovo ambiente…

“Direi proprio di sì: infatti, dopo un mese dall’abilitazione, già accompagnavo i clienti nei tour di “climbing”, quelli lungo i tracciati glaciali più impegnativi. Oggi, a tre anni di distanza, ho la soddisfazione di essere manager di un mio gruppo di guide”.

 

In cosa consiste l’attività delle guide glaciologiche?

“L’attività più evidente è quella di accompagnare i clienti nelle escursioni sui ghiacciai, ma dietro c’è tantissimo lavoro. Qui arrivano persone da tutto il mondo, con i livelli di preparazione ed esperienza più diversi. Ci sono gruppi di gente che non ha mai neppure camminato sul ghiaccio e per agevolare la loro progressione spesso dobbiamo “costruire” i percorsi, scavando gradini nei punti ripidi e riempiendo col ghiaccio i buchi nei punti più pericolosi ed esposti. Poi ci sono quelli che hanno abilità di alto livello e a loro proponiamo itinerari più impegnativi, che li portano ad affrontare tratti dove bisogna salire con la tecnica di uso dei ramponi e delle piccozze in progressione frontale, oppure fare le calate nei moulin, gli incredibili inghiottitoi con cui si scende proprio nel cuore del ghiacciaio… un’esperienza indimenticabile per chiunque la provi! Studiare e predisporre questi itinerari è la parte più impegnativa del mio lavoro, ma anche la più bella, perché ogni volta è una scoperta. I ghiacciai islandesi sono immensi e si possono inventare ogni volta percorsi diversi. Questo significa andare sempre in esplorazione, vivendo l’avventura e anche i rischi che ciò comporta. Per affrontare il ghiacciaio lungo un percorso non ancora tracciato bisogne essere “solidi”, sapere molto bene quello che si sta facendo e avere grande esperienza e confidenza con l’ambiente per potersi muovere con i giusti margini di sicurezza. Poi occorrono anche fantasia e creatività per immaginare e predisporre un percorso che possa offrire ai clienti le situazioni più diverse ed emozionanti, restituendogli il senso dell’immensità e della natura selvaggia. Nei giorni liberi dal lavoro poi posso dedicarmi alle avventure che più mi piacciono: spedizioni di più giorni con la mia tenda, in solitaria sui ghiacciai. È la cosa che più mi fa sentire nel mio elemento; lì da solo in mezzo al nulla mi sento davvero a casa! Insomma qui ogni giorno posso vivere quel contatto con la wilderness che ho sempre cercato e attorno a me ci sono altre guide che condividono la stessa passione. Sì, sono davvero felice della mia scelta!”.

 

L’Islanda è la terra del ghiaccio, ma anche del fuoco, probabilmente il luogo in Europa dove si trova la maggior concentrazione di vulcani attivi. Ti capita mai di aver anche fare con questo elemento?

“Direi tutti i giorni! Sotto quasi tutti i ghiacciai dell’Islanda c’è una camera magmatica e la sua presenza si fa sentire. Noi lavoriamo con i clienti sul Sólheimajökull, una lingua glaciale che deriva dal ghiacciaio madre Mýrdalsjökull, sotto al quale c’è il vulcano Katla che ha una caldera di circa dieci chilometri quadrati! Storicamente le sue eruzioni si verificano ad intervalli che vanno dai 13 agli 80 anni. Questa volta è un po’ in ritardo, visto che l’ultima volta che è entrato in attività è stata nel 1918, ma gli esperti ritengono che si possa risvegliare a breve e lo monitorano costantemente. Quando siamo sul ghiacciaio la sua presenza spesso si fa sentire con piccole scosse di terremoto oppure nelle trasformazioni della superficie, con seracchi che si aprono e si chiudono da un giorno all’altro. Ogni tanto quando sono lì con i clienti dico scherzando: “Ragazzi facciamoci una foto, che potrebbe essere l’ultima!”. Non distante da dove operiamo poi c’è Eyjafjöll, il vulcano che eruttò nel 2010 formando la famosa nube che bloccò il traffico aereo di mezza Europa e le sue ceneri sono ancora visibili nel ghiaccio. Una delle esperienza più emozionanti però l’ho vissuta quando ho scalato lo Sneffels, il vulcano del romanzo “Viaggio al centro della terra”, dal cui cratere i protagonisti entrano per poi uscire dallo Stromboli. Ci sono stato con un amico a gennaio, quando in giro non c’è nessuno: un ambiente grandioso e una vista fantastica! Abitare qui vuol dire anche questo: sentire la potenza terribile e vitale della Terra che pulsa sotto i tuoi piedi. Poi ci sono anche gli aspetti più goderecci, come la possibilità, dopo una lunga giornata in ghiacciaio, di concedersi un bagno caldo in pozza termale”.

 

Concludiamo con una domanda off-topic… come ti torvi a livello di “socializzazione”?

“Come ho appena detto, vado molto d’accordo con i ragazzi del mio team di guide e, poiché viviamo tutti assieme nella nostra base operativa, direi che la buona compagnia è assicurata. Con loro anche quest’anno trascorrerò il Natale e il Capodanno e ci sarà di sicuro da divertirsi. Queste sono occasioni in cui le mie origini italiane si fanno valere, soprattutto sotto l’aspetto culinario: tutti contano sulla mia passione per la cucina e aspettano che gli faccia assaggiare qualche specialità del Belpaese… Quest’anno nel menu natalizio ho già inserito una buona pasta al ragù! Il rapporto con gli islandesi invece varia molto in base alle generazioni, un po’ come avviene anche dalle nostre parti. I giovani sono molto aperti e cordiali, vogliono stare al passo con il mondo e quindi sono curiosi di conoscere persone che arrivano da luoghi e culture diverse. Gli anziani sono un po’ più riservati, ma, una volta che hai imparato a spiccicare qualche parola di islandese, non è difficile entrare in confidenza anche con loro”.

 

Riusciresti a riassumere in una sola frase il senso della tua esperienza fra i ghiacciai islandesi?

“Essere tutti i giorni in ghiaccio significa osservare lo scorrere del tempo come in una clessidra. Vedo lo scioglimento del ghiacciaio giorno dopo giorno, fotografia dopo fotografia. Il ghiacciaio cambia e io cambio. Qui l’esplorazione, fuori e dentro di me, non ha mai fine ed è ciò che mi fa sentire vivo”.