Omar Di Felice ce l’ha fatta, ha completato il suo Artic World Tour!

Omar Di Felice ce l’ha fatta, ha completato il suo Artic World Tour!

Omar Di Felice ce l’ha fatta, ha completato il suo Artic World Tour!

Dopo 4200 chilometri e oltre 40 giorni di pedalata Omar Di Felice ha completato il suo giro del mondo artico. Nel cuore della stagione invernale l’ultraciclista romano ha pedalato attraverso Kamchatka, Lapponia, ha attraversato le isole Svalbard, l’Islanda e la Groenlandia, prima di lanciarsi sulla dura Dalton Highway e vivere lo sconfinato nord americano.

 

Si è concluso in Alaska l’Artic World Tour di Omar Di Felice. Dopo due mesi di pedalata lungo la linea del circolo polare articolo, l’ultraciclista romano è il primo al mondo a compiere questa circumnavigazione del globo, per di più nel cuore della stagione invernale.

Partito il 2 febbraio scorso dalla Kamchatka Omar ha proseguito la sua pedalata attraverso la Lapponia, daMurmansk (Russia) a Tromsø (Norvegia), per poi continuare attraverso le Isole Svalbard, la Groenlandia e l’Islanda prima dell’approdo finale nelle regioni artiche del nord America dove ha pedalato tra Whitehorse (regione dello Yukon, Canada) fino alla linea del circolo polare artico in Alaska (Stati Uniti d’America), lungo la Dalton Highway. “La strada più remota d’America, sicuramente una delle vie invernali più dure e difficili al mondo” commenta il ciclista.

 

Omar, ce l’hai fatta!

Non avevo mai affrontato nulla di così estremo. Mai avevo coperto una distanza così lunga in simili condizioni ambientali. In questi due mesi mi sono trovato a gestire difficoltà tecniche e di gestione della bicicletta. Condizioni climatiche avverse che hanno creato non pochi problemi di termoregolazione e di rischio congelamento. È stato un viaggio lungo, che non ha nascosto momenti di crisi.

 

Come sono stati questi chilometri in nord America?

L’inverno era ormai agli sgoccioli quando sono partito lungo la Dalton Highway, ma ancora faceva sentire la sua morsa. Temperature rigide e lunghe distanze da coprire mi hanno messo ancora una volta a dura prova, debilitandomi fisicamente.

 

Cosa intendi?

A poche centinaia di chilometri dalla fine tutto stava per svanire nel nulla. Sono stato colpito da una forte influenza con febbre alta. Mi sono fermato per un paio di giorni e ho temuto di dover rinunciare. Il fisico stava lanciando un messaggio chiaro: fermati! Ero provato dai due mesi in giro per il mondo e ancora continuano a spingere sui pedali. Ora è tempo di recuperare.

 

Cosa intendi quando parli di temperature rigide?

Nonostante abbia raggiunto la mia metà nei primi giorni di primavera il termometro segnava ancora -22 gradi al mattino. Le condizioni erano rigide e le sentivo tutte su pelle e corpo.

 

Che bici hai utilizzato lungo la Dalton Highway?

Dopo le diverse tappe in fat bike sono tornato alla gravel e questo mi ha permesso di coprire in velocità grandi distanze, con tappe anche di 200 chilometri. Non è stato solo merito della bici, ma anche dell’allenamento accumulato in questi mesi di attività, dall’altra parte anche della voglia di chiudere questa esperienza e arrivare alla meta. 

 

Com’è stato il momento in cui hai sganciato il piede dal pedale?

Emozionante. Aver completato una sfida tanto ambiziosa quanto complessa ha fatto svanire di colpo tutta la stanchezza accumulata.

 

Raccontaci qualcosa su Canada e Alaska, che tipo di ambiente hai vissuto?

Io ho seguito questa enorme strada che collega tra loro le cittadine principali della zona. È un luogo ricco di contrasti. Quando pedali sei nel nulla, spesso non c’è nemmeno rete cellulare. Quando poi arrivi alle porte dei paese ti ritrovi nel pieno della civilizzazione con fast food e tutte le comodità della vita moderna. Sicuramente un ambiente estremamente diverso da quello vissuto nelle altre parti del viaggio, dove mi sono trovato a contatto con realtà ancora intime e legate alla tradizione. Qui nel nord America è come se avessero cercato un modo per concentrare la civilizzazione tracciando confini ben definiti, lasciato il paese si è nella natura più estrema.

 

Ci lasci qualche numero?

Penso che siano pochi quelli essenziali. 4200 chilometri, oltre 40 giorni in sella. Tappe anche da 200 o 250 chilometri, in gravel, drasticamente più corte quando mi muovevo con la fat bike. Credo che questo progetto riassuma bene il mio amore per il grande nord.

 

Ti rimane ancora qualcosa da esplorare nelle terre artiche?

Penso di aver concluso con questo progetto.

 

Quindi prossimamente ti vedremo al caldo?

Mi piacerebbe poter dire che è finita la mia esperienza con il grande nord, ma in realtà quanto ti entra dentro non sei più in grado di lasciarlo. Sicuramente tornerò ancora quassù.