Welcome, Matteo Sella!

Welcome, Matteo Sella!

Welcome, Matteo Sella!

Diamo il benvenuto fra gli atleti Ferrino al giovane alpinista biellese, già selezionato fra i talenti emergenti del CAI Eagle Team

 

Matteo nasce a Biella nel 1996, alle pendici delle Alpi Pennine, discendente di un personaggio che richiama alle stesse origini dell'alpinismo italiano. Il biellese Quintino Sella fu infatti il fondatore del Club Alpino Italiano e Vittorio Sella fu uno dei grandi padri della fotografia di montagna, le cui immagini in bianco e nero ancora oggi continuano a far sognare e incantare gli appassionati di montagna.

 

Nell’amore del ventisettenne Matteo per le scalate c’è sicuramente anche un po’ dell’eredità di questi antenati, un ‘eredità che egli ha raccolto fin da ragazzino, portandola poi con sé nelle tante ascensioni compiute sulle Alpi e sulle montagne extraeuropee, dalla Patagonia ella valle di Yosemite, passando per le grandi vette della Cordigliera andina.

 

Matteo, come è iniziata la tua passione per la montagna e quando?

Il mio approccio alla montagna inizia fin da piccolissimo perché i miei genitori e miei nonni amavano tutti questo ambiente. Siamo sempre andati a sciare tutti gli inverni e a fare le passeggiate. Montagna ma anche mare... insomma c'era in famiglia la passione per trascorrere il tempo libero nella natura. Non era un approccio sportivo, ma appunto un modo per stare assieme nella bellezza. Da piccolo lo sport per me era invece soprattutto la ginnastica artistica, che ho praticato a livello agonistico per circa otto anni.

 

Quando è arrivata la passione per l'arrampicata e l'alpinismo?

È stato un processo graduale. Nonostante l'impegno che mi richiedeva la ginnastica non ho mai rinunciato a fare escursioni, soprattutto con mio padre. Pian piano in me è nato il sogno di salire un 4000. A nutrire questo sogno erano soprattutto le fotografie del nostro antenato Vittorio Sella, il grande fotografo biellese di montagna, che in casa mia erano appese un po'ovunque. Ero affascinato dal mondo misterioso dell'alta quota che quelle immagini raccontavano così meravigliosamente. Inseguendo questo sogno a 12 anni sono andato con mio padre a fare il Gran Paradiso e da lì le cose sono proseguite, coinvolgendomi sempre più: altre salite in quota, poi a 16 anni le prime arrampicate in stile trad su roccia in Valle dell’Orco e sul Monte Bianco.

 

Insomma un avvicinamento progressivo ma inesorabile...

Sì, questa passione, una volta scoperta, non mi ha più abbandonato. Ricordo gli anni del liceo, quando, con un amico un poco più grande di me, che quindi aveva già la patente, trascorrevamo tutti i weekend in Valle dell'Orco, per arrampicare in fessura, la nostra grande passione.

 

Dalla valle dell'Orco la tua attività è proseguita con tante belle salite sulla Alpi e anche sulle montagne extraeuropee. Ma qual è il tipo di alpinismo che ti piace di più e il terreno che ti è più congeniale?

Il Monte Bianco è un perfetto esempio del terreno che mi piace, ovvero un ambiente dove il fattore quota è importante e dove bisogna sapersi muovere sia su roccia che su ghiaccio. Mi piacciono le cose che richiedono un certo tipo di ingaggio, i grandi itinerari tradizionali, l'arrampicata trad senza gli spit, salite di più giorni, in posti lontani e con avvicinamento lungo... Poi, in realtà, a me della montagna pace proprio tutto! Mi piace viverla, starci dentro. Sono anche un pilota di parapendio e non per forza devo scalare per assaporare certi momenti speciali.

 

Tra le varie salite che hai fatto quali sono quelle che per te sono state più significative?

Domanda a cui è difficile rispondere... Però sicuramente fra le ascensioni che porto nel cuore c’è il Pilone Centrale del Freney, salito la scorsa estate con mio padre e mio fratello. Qualcosa di davvero speciale per noi.

 

L'esperienza dell'Eagle Team invece cosa ti sta dando?

Tantissimo sotto diversi punti di vista. Il fatto di aver conosciuto gli altri 15 miei compagni sicuramente è un'apertura verso tante avventure potenziali nel futuro. Poi sto crescendo e sto imparando moltissimo sotto l'aspetto tecnico e del mio bagaglio di esperienza. Ma è anche un'esperienza che mi sta facendo molto riflettere, in un'ottica più "filosofica", sul senso del fare alpinismo oggi: quali sono le nuove frontiere che si possono aprire? Quali spazi rimangono per l’avventura? Domande affascinanti, forse senza risposta, ma che è bello condividere con gli altri ragazzi dell’Eagle Team, che vivono la stessa mia bruciante passione.