Arctic World Tour, Omar Di Felice e la fredda solitudine della Groenlandia

Arctic World Tour, Omar Di Felice e la fredda solitudine della Groenlandia

Arctic World Tour - Omar Di Felice - Groenlandia e Svalbard

Ora tocca all’Islanda per Omar di Felice, che oramai pedala verso la fine del suo Arctic World Tour. Dopo aver attraversato, nella stagione fredda, Kamčatka e Lapponia l’ultraciclista romano si è spostato prima alle Svalbard, il punto più a nord del suo viaggio, e in Groenlandia, dove ha pedalato in totale autonomia e solitudine per una settimana.

 

Omar, partiamo dalle Svalbard. Hai incontrato l’orso polare?

“No, ma ho vissuto un ambiente incredibile. Ti senti davvero nel cuore dell’artico.”

 

Come hai gestito le limitazioni di sicurezza?

“Qui è vietato il campeggio libero, per cui ogni sera dovevo tornare a dormire presso una piccola struttura che mi è stata indicata. Da lì, ogni giorno, mi sono mosso in esplorazione tornando poi ogni sera al punto di partenza. È stato un primo test importante, in previsione della Groenlandia, per testare la fat bike e la slitta. Subito ho capito che avrei dovuto rivedere il mio concetto di velocità e cambiare mood, ragionando non più sui chilometri percorsi, ma sul numero di ore che sarei riuscito a stare in sella.”

 

Poi ti sei spostato in Groenlandia, ed è cambiato tutto…

“Qui ho affrontato oltre 200 chilometri attraverso l’Arctic Circle Trail. Una pista che in inverno cambia conformazione, andando ad attraversare laghi ghiacciati e seguendo il corso dei fiumi ghiacciati. Non c’è nulla e bisogna cavarsela in autonomia.”

 

Quanto tempo ci hai messo?

“Una settimana, con un ritardo di qualche giorno sulla programmazione.”

 

Come mai?

“Nell’ultimo tratto ho trovato bufere di vento e neve e giornate di completo whiteout. Sono stato costretto a fermarmi ad aspettare perché sarebbe stato impossibile trovare la traccia e capire la direzione.”

 

Un’esperienza intensa…

“Sicuramente diversa rispetto a quelle che sono abituato a vivere. Ero completamente solo, nel nulla. Ho dovuto pensare alle scorte di cibo, al carburante. Ragionare sul raggiungimento di questi piccoli bivacchi che si incontrano lungo l’itinerario, in cui rifugiarmi di notte. Fisicamente è sicuramente stata la parte di viaggio più dura.”

 

Che temperature hai affrontato?

“Anche di meno 35. Di notte, quando riuscivo a scaldare il mio bivacco, raggiungevo i meno 20 o meno 15 gradi. Il sacco a pelo d’alta quota e il materassino gonfiabile Ferrino che avevo con me hanno fatto la differenza e mi hanno permesso di sopportare le notti.”

 

Ci dicevi prima che hai scelto la fat bike per questo itinerario, giusto?

“Si, l’unica scelta possibile per le piste innevate. È stato molto diverso dal solito. I venti chili di bici, più i cinquanta di slitta, si sono fatti sentire. Gli ultimi giorni poi, la molta neve caduta mi ha costretto a scendere e spingere il mezzo. Per un’intera giornata non sono riuscito a pedalare e sulle colline o negli strappi più duri ho dovuto fare il doppio della fatica. Prima portavo su la bici, poi tornavo giù a prendere la slitta e risalivo il pendio. Che avventura.”