Nel cuore del ghiaccio con La Venta

Nel cuore del ghiaccio con La Venta

Nelle profondità del ghiaccio con La Venta
Un viaggio che unisce esplorazione e ricerca, un’immersione nel freddo cuore dei ghiacciai. La Venta ci accompagna alla scoperta di uno degli ecosistemi più fragili
del nostro Pianeta. Da molti considerato sterile, tra le sue effimere pieghe si cela una vita con ancora molte domande da svelare.

Sui ghiacciai camminiamo e scaliamo, difficilmente pensiamo però di poterci immergere alla scoperta del loro cuore. Eppure, dalla metà degli anni Ottanta, questa è stata la nuova sfida della
speleologia. Una storia che ha tra i suoi protagonisti anche gli italiani con l’Associazione La Venta Esplorazioni Geografiche che proprio in quel periodo inizia il suo viaggio nelle profondità
glaciali, con quello che è stato battezzato “progetto Ghiaccio”. A spingere la curiosità in questa direzione sono gli inghiottitoi dove l’acqua sparisce alla vista per infilarsi in cavità, canali
e spaccature tra il ghiaccio.

Dove finisce?
Come si sviluppa questo fenomeno che nel tempo avrebbe preso il nome di carsismo glaciale?

Queste le domande che si pongono da tempo i ricercatori. Così, diversi gruppi di ricerca decidono di equipaggiarsi con ramponi e picozze per partire in esplorazione di questo freddo mondo sotterraneo. C’è chi si muove sulle masse glaciali delle Svalbard, chi in Groenlandia e in Islanda. La Venta porta avanti un’analisi che spazia dalle Alpi al Tien Shan per raggiungere il Karakorum e approdare sugli estesi ghiacciai continentali della Patagonia. Un viaggio, che unisce ricerca ed esplorazione, tutt’ora in corso perché i segreti da svelare sono ancora molti e riguardano tutti i campi della scienza, a 360 gradi. Abbiamo approfondito il tema con Alessio Romeo, socio La Venta e geologo.

Alessio, come si arriva all’esplorazione delle cavità glaciali?

Quella dell’esplorazione interna dei ghiacciai è una storia molto affascinante che affonda le sue radici agli ultimi venti anni dell’Ottocento, quando alcuni precursori della glaciologia moderna si mossero in esplorazione di diversi inghiottitoi presenti sulla Mer de Glace, ghiacciaio che si trova sul versante nord del Monte Bianco. In quell’occasione arrivarono a 60 metri di profondità, poi tutto si fermò.

Quando sono ripartite queste campagne esplorative?

Dalla metà degli anni Settanta del Novecento in poi. Gli italiani iniziano a effettuare i primi studi dal 1982. È poi Giovanni Badino, socio fondatore di La Venta e celebre speleologo, nel 1985, a dare il là alle ricerche sul Ghiacciaio del Gorner insieme a Leonardo Piccini e Mario Vianelli. Sul Gorner siete tornati più volte con il “Progetto
Ghiaccio”… Non sarebbe potuto essere altrimenti! Il Gorner è l’apoteosi per un appassionato, un parco giochi per la speleologia glaciale. Abbiamo condotto oltre venti spedizioni su questo ghiacciaio e ancora continuiamo a scoprire mulini e formazioni glacio-carsiche. Questo grazie al fatto che si tratta di un fenomeno effimero, in continua evoluzione.

Cosa intendi?

Che le cavità glaciali a differenza di quelle in roccia si modificano stagionalmente e addirittura settimanalmente, inoltre a differenza di quanto si pensava inizialmente, la posizione
dei mulini cambia nel tempo e spesso alcuni di questi scompaiono. Con la riduzione delle masse glaciali cambia la copertura sedimentaria, l’idrologia superficiale e la fratturazione del ghiaccio e di conseguenza si modifica anche la morfologia interna dei ghiacciai. Per questo ho definito le formazioni come “fenomeno effimero”. Dai primi studi a oggi abbiamo osservato il ghiacciaio modificarsi in modo radicale: oggi manca l’apporto di quelli che erano molti ghiacciai laterali e la superficie si è abbassata di circa 100 metri. Due eventi che hanno stravolto la
morfologia superficiale e anche quella interna.


"Alla fine tutto parte dalla componente visiva, dal fascino estetico.
Chiunque si avvicini alla speleo-glaciologia lo fa inizialmente per l’estetica,
poi si appassiona al resto."


Cosa ci dicono i ghiacciai visti dal loro interno?

Fondamentalmente ci hanno fatto comprendere che l’esplorazione ha dei limiti. Oltre un certo livello non possiamo andare perché le cavità diventano sempre più strette, oppure perché ci troviamo di fronte a un sifone. Un piano colmo di acqua che, abbiamo scoperto, non riguarda solo quel punto ma è diffuso su un’area più ampia. Come se fosse un livello di falda del ghiacciaio capace di fornire informazioni utili a comprendere lo stato di salute dello stesso. Per fare un esempio nel 2017, sul Perito Moreno, in Argentina, abbiamo osservato zampilli di acqua sulla superficie glaciale. Si tratta di condotte, passaggi minimali, che in certi periodi risultato saturi di acqua. Un fenomeno che negli anni si sta facendo sempre più frequente e accentuato, un chiaro segnale della crisi climatica che stiamo vivendo.

A proposito di sud America. Come mai la scelta di indagare sia i ghiacciai alpini che quelli patagonici?

La Patagonia ha rappresentato il secondo step del progetto Ghiaccio, ma sicuramente quello più affascinante e interessante. Hai occasione di studiare un ghiacciaio che si trova a livello del mare mentre sulle Alpi sei come minimo a 2000 metri di quota.
Poi, parliamo di ghiacciai che hanno origine da una calotta, senza contare l’aspetto visivo. Alla fine tutto parte dalla componente visiva, dal fascino estetico.
Chiunque si avvicini alla speleo-glaciologia lo fa inizialmente per l’estetica, poi si appassiona al resto.

Qual è stata l’emozione più grande, oltre all’esperienza, vissuta su questi ghiacci?

Vedere con i nostri occhi il blu del ghiaccio patagonico, un colore che ancora stiamo cercando di spiegarci. Con Giovanni Badino abbiamo intavolato ipotesi e dialoghi attorno a questa colorazione viva a brillante. C’è solo lì. Le nuove ricerche sull’interno dei ghiacciai non si fermano unicamente all’esplorazione delle cavità, giusto?
Oggi non si cerca più la grotta più profonda, ma metodi di investigazione che permettano di approfondire la conoscenza del ghiacciaio e dei suoi ambienti. L’obiettivo è trarre quante più informazioni utili dal ghiaccio, sopperendo così ai naturali limiti esplorativi. Glaciologia, biochimica, microbiologia e altre scienze collaborano insieme per una scoperta a tutto tondo del ghiacciaio.
Come La Venta vorremo focalizzare la nostra attività futura su indagini multi-disciplinari fra cui la biologia, perché quel che avviene in grotta è estremamente affascinante. Parliamo di luoghi isolati in cui proliferano molte tipologie di esseri viventi fra cui i batteri che si adattano ad utilizzare sostanze e minerali particolari per vivere. Nel ghiacciaio succede la stessa cosa, per questo stiamo coinvolgendo sempre più microbiologi e biochimici.

Quindi ci stai dicendo che il ghiacciaio non è un ambiente sterile?

Esatto. Sulla maggior parte dei ghiacciai troviamo quelle formazioni naturali chiamate crioconiti: delle pozzette di acqua sul cui fondo si trova un sedimento scuro, che però non è solo minerale. Al suo interno si trovano microalghe, tardigradi, rotiferi e molte altre specie animali e vegetali, insieme a sostanze inquinanti provenienti dall’atmosfera. Un bioma microscopico in quello che per molti è un ambiente sterile, ma che nella realtà non lo è.
Si tratta invece di un territorio multidisciplinare, ricco di spunti per la ricerca scientifica.

Dopo tanti anni di ricerche sicuramente sono cambiati obiettivi e luoghi da investigare. Qual è una delle ultime frontiere dell’esplorazione speleo-glaciale?

Sicuramente il Kirghizistan con il Ghiacciaio Inylchek, nella catena del Tian Shan. Il secondo ghiacciaio montano al mondo per lunghezza, con i suoi quasi 60 chilometri. Formatosi in seguito
alla confluenza di altri due grandi ghiacciai: l’Inylchek Nord e l’Inylcheck Sud. Nel punto in cui confluiscono si forma un lago, che periodicamente scompare, chiamato Merzbacher. La sparizione, che solitamente avviene tra luglio e agosto, è estremamente rapida. Ancora non si conosce il processo che porta a questo svuotamento del bacino, nonostante i decenni si studi realizzati sul tema. Si tratta certamente di una delle ricerche che vorremmo portare avanti nel prossimo futuro.

Quale sarà invece la prossima spedizione speleo-glaciale di La Venta?

L’Islanda con le sue cavità glaciali legate all’attività vulcanica. Ci stiamo occupando anche dei tunnel di lava in questa area del mondo, per questo abbiamo deciso di abbinare anche un obiettivo per il progetto “Ghiaccio” e cioè esplorare e studiare le cavità scavate nel ghiaccio da un’attività vulcanica sottostante.
La scomparsa dei ghiacciai non è un fenomeno nuovo per la Terra: un fenomeno che però oggi è accelerato dall’attività umana, quindi vale la pena essere indagato nel dettaglio con tempistiche altrettanto rapide.

Ph. Alessio Romeo, Martino Frova - La Venta