Omar Di Felice - Artic World Tour - Kamchatka

Omar Di Felice - Artic World Tour - Kamchatka

Omar Di Felice - Artic World Tour - Kamchatka

Omar Di Felice e il suo Artic World Tour. In Kamchatka d’inverno comanda la natura

 

Si sta preparando al trasferimento Omar Di Felice, che ha da poco concluso la prima parte del suo giro del mondo artico seguendo la linea del Circolo Polare Artico.

Dopo aver pedalato attraverso la Kamchatka per 800 chilometri da Petropavlovsk a Ust-Kamchatsk attraverso una forte tormenta di neve in ambiente ostile si sta ora preparando al trasferimento verso Murmansk, in Lapponia, per la seconda parte del progetto.

5 giorni e 8 ore il tempo impiegato dall’ultraciclista romano per coprire le distanze all’estremo orientale della Russia. “Quando sono partito da Petropavlovsk due poliziotti mi hanno chiesto quale fosse il mio piano e perché stessi pedalando in quelle condizioni, alla mia risposta prima hanno sgranato gli occhi, poi hanno aggiunto ‘Hai più del 99.9% di possibilità di non arrivare a Ust’-Kamchatsk’”.

 

Omar, tiriamo le somme di questa prima parte. Come hai vissuto la traversata della Kamchatka?

È strano pensare di aver realizzato la traversata di questa penisola, dove la meteo si presenta spesso estrema. Venti forti, tempeste improvvise. È stata un’avventura che forse avrebbe meritato uno spazio dedicato, invece è parte di un più grande progetto. Arrivare al termine del viaggio è stato sicuramente bello, ma alla fine si è trattato di un lungo riscaldamento per le prossime sfide.

 

Hai avuto una partenza difficile…

Molto complessa e scoraggiante. Sono partito da Petropavlovsk, la capitale della Kamchatka, sotto una forte bufera. Dopo dieci chilometri sono stato fermato dalla polizia che mi ha scortato fuori dal centro abitato, cercando di scoraggiarmi. Mi hanno spiegato che la meteo era molto complessa in quelle giornate e che la Kamchatka non è uno scherzo in inverno. La cosa che mi ha segnato di più è stato vedere che dopo 3 ore avevo percorso solo venti chilometri. Non stavo andando bene. Poi, pian piano e mettendo un pedale davanti all’altro è andata bene.

Quali sono state le maggiori difficoltà?

Non ho trovato il freddo intenso che mi aspettavo. In generale il termometro si è assestato intorno ai -12  -15 gradi. Non così basso da rischiare eventuali congelamenti. A fare la differenza sono state le condizioni meteo, soprattutto sugli ultimi 300 chilometri su una strada interamente sterrata dove non passano spazzaneve. Lì è stato davvero complesso andare avanti e gestire la bici.

 

Parliamo invece dell’ambiente, come la Kamchatka?

Pazzesca. È un luogo remoto, con villaggi a centinaia di chilometri l’uno dall’altro, dove a vincere è la natura. Comanda lei e lo dimostra ogni giorno.

 

Com’è stato l’incontro con i locali?

Per garantirmi un posto caldo per la notte ogni giorno ho pedalato per circa 200 chilometri, che vuol dire 10 o 12 ore in sella. Gli incontri lungo la strada mi hanno scaldato il cuore. Ovviamente ho riscosso molto clamore mediatico, ma ho anche ricevuto tanto incoraggiamento. Come sempre chi abita luoghi estremi ha il cuore aperto al prossimo. Mi hanno anche detto che sono il primo a fare una cosa del genere in inverno, un po’ mi ha fatto piacere.

 

È stato come te l’aspettavi?

Non avevo un’aspettativa particolare. Come detto sono rimasto piacevolmente stupito dall’ospitalità, per il resto è stata una scoperta a ogni pedalata. Un luogo unico.