Omar Di Felice completa la traversata dell’Islanda. Ora è pronto ad affrontare l’ultima parte del suo Artic World Tour

Omar Di Felice completa la traversata dell’Islanda. Ora è pronto ad affrontare l’ultima parte del suo Artic World Tour

Omar Di Felice  - Islanda - Arctic World Tour

Manca solo più il nord America a Omar Di Felice per completare il suo Artic World Tour. Dopo aver pedalato attraverso Kamčatka, Lapponia, Isole Svalbard e Groenlandia l’ultraciclista romano si è trasferito in Islanda, una terra che conosce come le sue tasche per averci vissuto molte avventure invernali nel corso degli ultimi anni. Conosce i suoi venti da uragano e la bellezza di quello sterminato scenario glaciale che la contraddistingue. “Dopo la Groenlandia mi aspettavo delle giornate meteorologicamente più tranquille” commenta Omar dopo aver completato la sua pedalata attraverso l’isola. Ma andiamo per ordine.

 

Omar, che percorso hai compiuto in Islanda?

Mi sono mosso seguendo una traccia di quasi 500 chilometri, che mi ha portato in esplorazione del Parco nazionale di Snæfellsjökul. Da qui ho poi continuato il mio viaggio fino a raggiungere Húsafell e la testata del ghiacciaio Okjökull, dove ho simbolicamente terminato l’avventura.

 

Parli del ghiacciaio scomparso per i cambiamenti climatici…

Esatto, ci tenevo a vederlo e a raccontarlo perché si tratta di un luogo simbolo.

 

Ci dicevi che ti aspettavi condizioni tranquille, in realtà com’è andata?

Conoscendo la meteo e le temperature dell’isola, mi aspettavo un clima mediamente più caldo rispetto a tutto quanto io abbia affrontato dall’inizio di questa avventura. Nel mio immaginario una situazione più semplice. In realtà mi sono ritrovato a sperimentare al grande varietà meteo dell’Islanda, una condizione che non ha eguali in nessuno altro posto.

 

Di cosa parli?

Vento, bufere. Tempeste come quelle islandesi non le ho mai trovate da nessun’altra parte. Anni fa avevo letto su una guida che l’Islanda non è un Paese per stupidi, si riferiva proprio a questo. Al fatto che se non controlli la meteo e metti il naso fuori nel momento sbagliato rischi grosso.

 

Quindi, bufere e tempeste hanno accompagnato la tua pedalata?

Solo nel primo giorno. Gli ultimi venti chilometri della prima tappa sono stati i più duri di tutta l’avventura. Sono stato costretto a scendere dalla bici e a spingerla fino a raggiungere il primo villaggio. Solo durante la notte gli elementi si sono calmati e l’Islanda ha potuto svelare il suo volto più bello: un cielo azzurrissimo, tante neve e l’aurora boreale. Memorabile.

 

Che bici hai utilizzato per questa traversata?

La fat bike come in Groenlandia, per il semplice motivo che avrei perso troppo tempo a effettuare il cambio con la gravel, che invece userò nell’ultima parte tra Canada e Alaska. A differenza della Groenlandia no ho usato la slitta perché ho preferito sfruttare la presenza di un villaggio ogni 60 o 70 chilometri. Per la notte mi sono appoggiato a piccole guest house e sicuramente mi sono rilassato di più rispetto alla Groenlandia, diciamo che è servito da ricarica per partire pronto ad affrontare l’ultima tappa.

 

Cosa ti aspetta tra Canada e Alaska?

Oltre 1500 chilometri, che iniziano già a farsi sentire dopo tutto questo tempo fuori casa. Inoltre ormai siamo in primavera, ma tra marzo e aprile gli ultimi strascichi della stagione nella zona artica possono presentarsi più estremi rispetto al cuore. Sicuramente troverò ancora situazioni invernali e complesse.